La “Scuola del gusto”, con il percorso formativo “Un Molise Extra-Ordinario”, è giunta nella sua fase cruciale, con lo sviluppo dell’ultimo modulo, quello che, con l’apporto tecnico, scientifico e culturale di relatori di straordinario spessore, ha l’obiettivo di individuare e dare delle indicazioni ai corsisti sulle qualità delle nostre produzioni, attraverso il gusto, che è anche evocativo del paesaggio, il nostro punto di forza da difendere e tutelare, ma anche attraverso la cultura e l’educazione alimentare. Il prof. Rossano Pazzagli, docente di Storia moderna presso il corso di laurea in “Scienze del turismo” dell’Università del Molise, ha dato inizio a questo trittico di lezioni, che si arricchirà anche di un importante appuntamento culturale e di condivisione di cui vi daremo ampia documentazione, proprio attraverso la prospettiva dello storico, un “uomo del presente che cerca di dare soluzioni ai problemi attuali attraverso lo studio del passato”. Con la sua straordinaria capacità comunicativa, frutto anche di un enorme bagaglio di conoscenze ed esperienze, non solo in campo scientifico, ma di una vita dedicata allo studio del territorio e alla sua tutela, il prof. Pazzagli ha, ancora una volta, calamitato l’attenzione della folta platea di corsisti, come già era accaduto lo scorso anno per la sua lezione a “Un Molise divino”.
Il prof. Rossano Pazzagli durante la lezione |
Il primo aspetto su cui si è soffermato, sono stati i numeri della produzione olivicola e olearia della Regione Molise che, seppur mortificanti se confrontati ai dati nazionali (circa 1% del totale), hanno un grande valore se letti in maniera diversa. Con una produzione di olive doppia della Liguria e 1/3 di quella della Toscana, due realtà che rappresentano un po’ il gota dell’olivicoltura e dell’extravergine di qualità nel nostro paese, i nostri numeri sono di tutto rispetto e consentono ampi margini di crescita. Come? Innanzitutto, da buon territorialista, attraverso la tutela del paesaggio, il risultato dell’attività agricola, la vera ricchezza del nostro paese, dove l’olivo ha rappresentato, oggi ancor di più, un elemento rilevante. L’accademico, attraverso un excursus storico, dal Medioevo a giorni nostri, passando per il Rinascimento, ha descritto i tratti di un’evoluzione o, se vogliamo, una rivoluzione, di quella che è stata l’olivicoltura e l’utilizzo diversificato dei suoi prodotti nel corso della storia. Da un’olivicoltura nel Medioevo, localizzata per la gran parte nei territori oggi occupati da Campania, Calabria e Puglia, in cui l’uso dell’olio era soprattutto per le città manifatturiere del nord (tessile e produzione di sapone), è passato, attraverso il Rinascimento, a uno prevalentemente alimentare, divenendone un vero protagonista, sia nelle campagne sia nel commercio con l’Italia settentrionale e il nord Europa. La pianta dell’olivo è stata quella che più di tutte ha resistito ai periodi di crisi, anche nel passato, come carestie ed epidemie.
L'attenta platea presente |
Lo sviluppo dell’olivicoltura nel corso dei secoli, e quindi l’influenza sul relativo paesaggio, sono stati diversi nel territorio italiano a seconda il sistema di gestione delle campagne. In Toscana, ma nel centro Italia in generale, attraverso il sistema di conduzione a Mezzadria, si sviluppò un’organizzazione culturale promiscua, dove il mezzadro, che abitava nel podere, aveva la necessità di avere diverse culture per il sostentamento suo e della famiglia, ed ecco quindi l’alternarsi di oliveti e vigneti, alberi da frutto e cerealicoltura. Nel Mezzogiorno, invece, si diffuse la forma della monocoltura (Puglia in particolare), dovuta al latifondismo, dove il proprietario del fondo viveva in città. Durante il Rinascimento, quindi, l’olivo entra a pieno titolo nel processo di costruzione del paesaggio italiano, producendone diversi, conferendo una dimensione verticale, determinando sistemazioni agrarie dei terreni e, se vogliamo, anche una modificazione nell’intendere l’agricoltura, come rilevato dallo storico Piero Bevilacqua, dando una nuova e più elevata forma di organizzazione dello spazio agrario e dell’habitat naturale, rispetto a una monotona monocultura cerealicola. Il Rinascimento è stato foriero di novità importanti, come l’innesto di varietà domestiche su olivastri, e l’operazione di potatura, prima mai eseguita, portata dalla Spagna ai primi del ‘600, da un viceré spagnolo, Giovanni Vivas. Nel ‘700, invece, si ha il vero consolidamento e modernizzazione delle pratiche olivicole, tanto che lo storico molisano, Giuseppe Maria Galanti, sottolinea la superiorità del sud in fatto di olivi e olio: “Grano, vino e olio sono i prodotti principali del nostro Regno. Ma l’olio sopra i primi due ci rende creditori nati de’ popoli settentrionali”. L’abbondanza di olio e cereali nel mezzogiorno spinge per una maggiore organizzazione e investimenti sul territorio, soprattutto per favorire i trasporti, mentre fino a quel momento le uniche vie utilizzate erano i tratturi. In Molise, il catasto provvisorio d’inizi ‘800, riportava una presenza limitata, anche se tale situazione, nel corso del secolo, subì una sostanziale evoluzione, mentre il distretto che più abbondava di olivi era Larino, secondo Giuseppe Del Re, in cui si praticava il miglior metodo di potatura, “in rapporto alla diramazione alla forma e alla figura dell’albero. Non meno qui che altrove si fa olio buono, ma diverrebbe squisito se mai fosse fabbricato con migliore arte e cura”.
Raccolta degli atti dell'Accademia Nazionale dell'Olivo e dell'Olio svoltasi in Molise |
L’olivo, quindi, ha contribuito alla ricchezza nazionale e alla costruzione dell’ambiente e del paesaggio, per tale motivo è un patrimonio da tutelare e salvaguardare. Il passaggio da un turismo di massa al turismo dell’esperienza, ha posto l’accento Pazzagli, quello che porta a viverlo direttamente sul territorio, può essere una delle soluzioni per la tutela delle aree interne, dove l’olivo ne è il simbolo, consolidando sul territorio concetti come la consapevolezza, sostenibilità, integrazione ed equilibrio. Anche i frantoi, secondo Pazzagli, insieme ai mulini e tratturi, sono lo specchio dell’economia e del paesaggio storico agrario. Ubicati lungo i torrenti o nei borghi, mossi dall'acqua o dall'energia animale (o più recentemente elettrica), queste strutture produttive possono rappresentare oggi, con i loro resti, le loro architetture e i loro macchinari un vero e proprio itinerario tematico attraverso la regione, con finalità culturali e turistiche. La conoscenza e la presa di coscienza, per uno sviluppo consapevole, sono anche i principi si cui si basa la “Scuola del gusto”, concetti su cui tutti i presenti hanno convenuto, interrogandosi e confrontandosi, su come superare certe situazioni d’impasse, spesso frutto di non scelte dove la cultura non alberga.
Scuola del gusto
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