venerdì 27 dicembre 2013

LA BIODIVERSITÀ DELLA VITE COME RISORSA CULTURALE DELL’ITALIA

La diversità biologica della vite è un’eredità che natura ed antenati ci hanno lasciato. Un capitale che una volta distrutto sarà perso per sempre. Ma è anche una risorsa economica per creare nuove varietà o per conoscere le attuali. La sua riduzione ha cause diverse: mutamenti climatici, malattie americane, esodo di popolazioni dall'Europa al Nuovo Mondo da fine ‘800. La sua attuale crisi è chiamata 'sesta estinzione'. Ma in futuro, col riscaldamento globale e la riduzione delle risorse idriche, i genotipi perduti potrebbero rivelarsi utili. E l’Italia può vantare un assortimento varietale capace di tollerare climi estremi, provvidenziali in futuri programmi di miglioramento genetico.
 
Esempio di viticoltura di montagna (Fonte: Feudo Antico)
 
Il Sangiovese è un caso esemplare. L’analisi genetica dice che gran parte dei vitigni del suo pedigree è di origine calabrese e siciliana. Identificato con la viticoltura toscana, è in verità figlio di un vitigno campano (Aglianicone o Ciliegiolo) e di uno calabrese (senza nome) portato nella zona del lago Averno da una famiglia di albanesi di Cosenza. Al Sangiovese vanno ricondotti alcuni vitigni di Calabria (Mantonicone e Gaglioppo), Puglia (Susumaniello, Tuccanese di Turi), Toscana (Foglia tonda, Morellino del Casentino, Morellino del Valdarno, Vernaccia nera del Valdarno) e, infine, Sicilia (Carricante, Nerello mascalese, Frappato, Perricone, Arbanello, Lucignola, Orisi). Alcuni calabresi quali Puttanella, Vigna del Conte e Corinto nera sono in realtà Sangiovesi; e anche altri siciliani come Frappato, Nerello mascalese e Perricone. Le parentele con Foglia Tonda, Morellini del Casentino e del Valdarno e col Brunellone confermano l’ipotesi che il Sangiovese abbia avuto un areale di coltivazione importante in Toscana e Corsica, ma solo dopo quello calabro-siciliano. In questo senso, anche la parola 'autoctono' perde significato.
 
Uve antiche del Molise (Fonte: Michele Tanno)
 
Quindi, la difesa della biodiversità non si realizza creando collezioni ampelografiche dove raccogliere come in un museo i genotipi a rischio. Per le profonde connessioni tra vitigno antico e cultura del luogo, queste varietà devono tornare a essere protagoniste dello sviluppo agricolo delle popolazioni depositarie.
 
Fonte: Tre Bicchieri Gambero Rosso (articolo a firma del Prof. Attilio Scienza)
 
 
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